L'ambiguità sulla porzione nuoce alla dieta

Uno studio appena pubblicato sul Journal of the American Dietetic Association segnala un fraintendimento comune sul significato del termine “porzione”, spesso impiegato nelle raccomandazioni alimentari: gli scienziati intendono una cosa, ma l'industria alimentare (e i cittadini) tendono a capirne un'altra.
Spesso nelle raccomandazioni alimentari questo termine viene impiegato per descrivere un “quantitativo appropriato”, ma per i destinatari quella stessa espressione fa pensare al quantitativo che sono abituati a vedersi servire nel piatto, per cui la raccomandazione a ridurre l'entità dei pasti espressa in quei termini non ha effetti pratici.
Lo studio è stato condotto dalla ricercatrice norvegese Øydis Ueland, che lavora per un'industria alimentare scandinava, insieme ad alcuni colleghi del centro di ricerca dell'esercito americano di Natick, in Massachusetts, presso il quale sono stati reclutati 250 volontari, dai quali sono stati esclusi i soggetti a dieta e quelli che stavano assumendo farmaci.
I 33 volontari selezionati, per un terzo donne e tutti di peso normale, sono stati informati che la ricerca intendeva valutare il grado di sazietà associato a diversi pasti a base di pastasciutta, con quantità e contenuto energetico variabile.
Nella mensa aziendale, in tre diverse sessioni tenutesi all'ora di pranzo, i tre gruppi di volontari hanno riempito un questionario in cui dovevano quantificare preliminarmente il loro appetito e  hanno successivamente mangiato pastasciutta al pomodoro, presentata in porzioni da 200 grammi che erano accompagnate da un foglietto che le valutava come una mezza porzione, una porzione o una porzione e mezzo, che in ogni caso veniva richiesto di mangiare per intero.
Al termine del primo piatto si chiedeva di indicare il grado di sazietà in una scala da zero (massima fame immaginabile) a 100 (massima sazietà immaginabile) e si offriva la possibilità di attingere a piacimento a un secondo piatto contenente 400 grammi della stessa pasta al pomodoro.
Al termine dello studio i ricercatori hanno osservato che il grado di sazietà percepito dipende dal quantitativo reale - in grammi - del cibo ingerito e non viene influenzato dall'indicazione di che cosa è una “porzione normale” o una mezza porzione, per cui consigliano di abbandonare nelle quel termine generico nelle raccomandazioni, a favore di una più precisa indicazione in grammi.

Fonte:
Øydis Ueland, Armand Cardello, Ellen Merrill, Larry Lesher, Effect of portion size information on food intake, Journal of the American Dietetic Association 2009; 109: 124-127

Realizzato con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali D.M. 25961 del 27/12/2007