Colesterolo: uno screening per due

Il dosaggio del colesterolo nei neonati o nei bimbi molto piccoli è un metodo semplice ed efficace per individuare l’ipercolesterolemia familiare salvando due intere generazioni dai potenziali rischi cardiovascolari che si associano a questa condizione al prezzo di un solo test. Secondo quanto riportato da una meta-analisi apparsa di recente sul BMJ basterebbe un banale esame di laboratorio sul sangue prelevato ai figli per identificare ben il 96 per cento dei genitori affetti.

Oggi esistono diversi trattamenti che possono tenere sottocontrollo la malattia e impedire che l’aumento del colesterolo metta in serio pericolo la salute di cuore e vasi, il problema però resta quello di riuscire a identificare per tempo gli individui affetti. Rispetto allo screening con esame del DNA, che è più complesso, costoso e rischia di “perdersi” quel 20 per cento di genitori portatori di una mutazione irrilevabile, il dosaggio del colesterolo presenta già evidenti vantaggi, ma c’è di più. Dall’analisi dei 13 studi fatta da David S. Wald e i colleghi della London School of Medicine and Dentistry, per un totale di 1.907 pazienti con ipercolesterolemia familiare confermata col test del DNA e 16.221 controlli sani suddivisi in fasce d’età di dieci anni ciascuna è emerso che la sensibilità del dosaggio del colesterolo nell’identificare i pazienti affetti è massima nel range 1-9 anni (88%, 94% e 96% per tassi di falsi positivi dello 0,1%, 0,5% e 1% rispettivamente) con un picco di performance intorno a 1-2 anni e una flessione significativa nei neonati.

“Questa peculiarità del test potrebbe tornare utile per migliorare ulteriormente le strategie di individuazione dell’ipercolesterolemia. – ha detto Wald – I bambini, infatti, potrebbero essere idealmente scrinati intorno ai 15 mesi di età, magari nel corso di uno degli appuntamenti vaccinali. I genitori con bimbi in questa fase di sviluppo sono in genere particolarmente sensibili a tutto ciò che concerne la prevenzione delle malattie nei loro figli, potrebbero perciò essere recettivi anche a una strategia familiare per prevenire malattie che possono riguardare tutti i membri della famiglia. Probabilmente sarà necessario spendere qualche parola di spiegazione sul perché del dosaggio, ma questo non potrà che rafforzare l’aderenza all’intervento”.

Qualcuno potrebbe obiettare che coinvolgere in uno screening di massa tutta la popolazione infantile sarebbe piuttosto complesso e comprometterebbe un rapporto costi/benefici a prima vista favorevole, ma se si considera che gli individui tra i 20 e i 35 anni affetti da ipercolesterolemia familiare hanno un rischio di morire per coronaropatia addirittura centuplicato rispetto ai coetanei sani, si può ben capire quanto pesi sulla bilancia la possibilità di identificarli e trattarli precocemente. Inoltre, come hanno fatto notare gli stessi ricercatori, “non sarebbe necessario ripetere all’infinito questo screening su un così ampio numero di individui, visto che dopo trent’anni, se l’adesione sarà stata sufficientemente alta, tutti i casi indice saranno stati individuati e il test potrà essere fatto solo ai loro figli”.

“Ovviamente – ha concluso Wald – oltre ad iniziare il trattamento nei genitori identificati si tratterà di sviluppare dei sistemi che permettano di seguire nel tempo i bambini affetti, per assicurare che anche loro possano ricevere la terapia al momento opportuno quando saranno più grandi”.

 

Fonte:

Wald DS, et al."Child-parent screening for familial hypercholesterolaemia: screening strategy based on a meta-analysis. BMJ 2007;doi:10.1136/bmj.39300.616076.55.