I ricercatori di tutto il mondo hanno incluso anche l’alimentazione tra fattori
che influenzano il rischio di depressione perinatale (detta anche materna), una
patologia a volte trascurata che può portare gravi conseguenze alla salute di
mamma e bambino.
Cattivo umore, perdita di interesse e concentrazione,
problemi del sonno e dell’appetito, difficoltà di concentrazione: “i segni e i
sintomi della depressione perinatale sono gli stessi della depressione che
colpisce la popolazione generale”, spiega Brenda M. Y. Leung, autrice di uno
studio che fa il punto della situazione sulle conoscenze relative a questa
patologia. Si tratta di un disturbo che interessa le donne nei nove mesi della
gravidanza – la depressione antenatale, che si manifesta in genere nel primo
trimestre - e nel primo anno dopo il parto – la depressione post-partum, che
compare nella maggior parte dei casi tra le 6 e le 12 settimane dopo il parto e
può durare anche diversi anni. “Una donna depressa tende a non prendersi cura di
se stessa, spesso non segue le prescrizioni del medico e cede a comportamenti
rischiosi come l’abuso di alcol o droghe” affermano Leung e colleghi “molto
pericolosi per la mamma, ma anche per il nascituro (pre-eclampsia, maggior
rischio di parto prematuro, difficoltà nel parto, eccetera)”.
“La depressione
– anche quella materna – non è vista come una singola malattia, ma come una
sindrome che include molti sintomi legati all’umore e che è determinata da
diversi meccanismi e da fattori genetici e ambientali” ricordano gli autori
dell’articolo pubblicato sul Journal of American Dietetic Association. Di certo
l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nei processi che portano alla
depressione perinatale: in particolare sono state osservate associazioni tra
questo disturbo e il livello di alcuni acidi grassi poli-insaturi (acido
linoleico e acido alfa-linolenico), sui quali si è finora concentrata la maggior
parte delle attenzioni dei ricercatori. L’acido alfa-linolenico, che non è
prodotto dall’organismo e deve quindi essere introdotto con l’alimentazione,
rappresenta la base di partenza per la sintesi dei famosi omega 3 EPA e DHA,
fondamentali per il buon funzionamento di mente e corpo e che aiutano anche a
prevenire numerose malattie cardiovascolari. Il livello di Omega 3 nelle diete
moderne è sempre più basso soprattutto a causa della diminuzione del consumo di
pesce, una tendenza che potrebbe influenzare anche lo sviluppo di depressione
perinatale.
Inoltre, dai pochi dati disponibili sull’argomento, sembra che
anche alcuni minerali, come ferro e zinco, possano modificare il rischio di
questo disturbo, così come succede in caso di carenze nutrizionali, che sono più
comuni di quanto si creda nelle donne che seguono la tipica dieta occidentale.
Come dimostrano alcuni studi, infatti, anche le donne con un reddito
medio-alto corrono il rischio di non nutrirsi in maniera adeguata, seguendo
diete povere in zinco, magnesio, folato, iodio, vitamina D e altri componenti
essenziali per un’alimentazione completa che soddisfi le esigenze di mamma e
bimbo.
Fonte:
Perinatal depression: prevalence,
risks, and the nutrition link--a review of the literature. Leung BM, Kaplan BJ.
J Am Diet Assoc. 2009 Sep;109(9):1566-75