Molti bambini, in apparenza sani, hanno livelli di vitamina D pericolosamente
bassi già nella prima infanzia e circa un terzo di loro presenta segni di
demineralizzazione visibili in radiografia.
Catherine M. Gordon
dell’Università di Harvard e i suoi colleghi hanno sollevato l’attenzione sul
problema con uno studio pubblicato in giugno sugli Archives of Pediatric and
Adolescent Medicine. I ricercatori hanno studiato 380 neonati e bambini sani,
visitati dal 2005 al 2007 a un centro di assistenza primaria, per 365 dei i
quali erano disponibili campioni di sangue su cui misurare i livelli sierici di
25-idrossivitamina D (25-OH D) e di ormone paratiroideo.
I piccoli pazienti
con carenza di vitamina D sono stati poi sottoposti a radiografie computerizzate
bilaterali del polso e del ginocchio. Contemporaneamente i ricercatori hanno
fatto compilare a tutti i genitori un questionario alimentare relativo ai loro
figli, chiedendo di specificare anche l’eventuale assunzione di vitamina D o
altri supplementi, il tempo trascorso all'aperto, la situazione socioeconomica,
e il livello d'istruzione.
È stata riscontrata una carenza di vitamina D
(definita come ≤ 20 ng / ml) nel 12,1% dei bambini (44). Sette di questi (pari
all’1,9% del totale) avevano un deficit grave, definito come ≤ 8 ng / ml.Sono
stati trovati inoltre in 146 partecipanti all’indagine(40%)livelli al di sotto
della soglia ottimale accettata (≤ 30 ng / ml).
Dei 365 neonati e bambini
della ricerca (tra gli otto mesi e i due anni di età), solo il 40% raggiungeva i
livelli ottimali di nutrienti, mentre il 12% aveva già segni clinici di carenza
di vitamina D. Più precisamente “40 bambini mostravano, dalle radiografie del
polso e del ginocchio, segni di demineralizzazione e 3 (pari al 7,5% dei bambini
con deficit di vitamina D) avevano già subito modifiche del tessuto osseo che
suggerivano la presenza di rachitismo” hanno precisato i
ricercatori.
All’analisi statistica multivariata, sono risultati essere
fattori di rischio per ipovitaminosi D la mancanza di supplementazione con
vitamina D nei neonati ed il ridotto introito di latte di mucca nei bimbi più
grandicelli. Dal momento che il latte materno è relativamente povero di vitamina
D, l’editoriale di commento alla ricerca sottolinea come particolare attenzione
alla prevenzione della ipovitaminosi D vada posta nei bambini con allattamento
al seno prolungato, pur cercando di non generare nelle madri perplessità in
merito ai benefici di questa pratica.
Fonti:
Gordon CM, Feldman HA, Sinclair L, Williams AL, Kleinman PK,
Perez-Rossello J, Cox JE.Prevalence of vitamin D deficiency among healthy
infants and toddlers. Arch Pediatr Adolesc Med. 2008
Jun;162(6):505-12.
Realizzato con il contributo del Ministero delle
Politiche Agricole Alimentari e Forestali
D.M. 25961 del 27/12/2007