Il processo di invecchiamento (ageing) non è di per sé una malattia (quindi il "Senectus ipsa morbus" di Seneca è una semplificazione!).
Esso è tuttavia una complessa vicenda metabolica a cui nessuno di noi sfugge; ma che ognuno di noi può rallentare, modulare, ed entro certi limiti controllare. Va ricordato che l'invecchiamento sta alla base delle più importanti malattie che causano morte o invalidità: le malattie cardiovascolari e i tumori. L'età è infatti un fondamentale fattore di rischio per l'ictus cerebrale, per l'infarto miocardico, per i deficit cognitivi e le demenze, e per la maggior parte delle neoplasie.
L'età anagrafica è un fattore non modificabile; ma ciò che non si può veramente modificare è solo la cifra dei nostri anni. Esiste invece un'altra età, l'età biologica, che è lo stato di invecchiamento dei nostri organi e tessuti: per esempio, l'età delle nostre arterie, ed abbiamo infatti "le arterie che ci meritiamo".
Un altro fattore ritenuto non modificabile è l'ereditarietà. Certamente, nell'invecchiamento gioca anche una componente genetica, una sorta di programmazione del nostro orologio biologico. Ma anche questa componente è largamente modificabile dai fattori ambientali, tra i quali i nostri comportamenti e stili di vita. Che fare dunque per far sì che i nostri pazienti adulti e sani, possano invecchiare più tardi, e soprattutto invecchiare meglio? Buona parte di ciò che come medici della persona dobbiamo loro trasmettere, si compendia in alcuni concetti riguardanti lo stile di vita: anzitutto correggere i più comuni errori alimentari per giungere ad una dieta sana ed equilibrata; eliminare alcune dannose abitudini accessorie ("voluttuarie") quali il fumo, l'eccesso di alcool, la droga; evitare la sedentarietà con una moderata ma continua attività fisica; cercare infine di limitare lo stress che diviene più dannoso con l'avanzare dell'età. Esaminiamo ora alcune delle più importanti modificazioni biologiche e fisiche che accompagnano l'invecchiamento, cercando di individuare come potrebbero essere prevenute con modificazioni alimentari.
Perdita di massa magra, cioè di tessuto muscolare attivo. Essa comporta un aumento relativo del grasso corporeo anche se il soggetto non è obeso. La perdita di muscolo determina ipomobilità e maggiore tendenza alle fratture delle ossa, non più protette da muscoli efficienti. Perdita di acqua sia extra che intracellulare. Possibile obesità con distribuzione del grasso di tipo "centrale" e tendenza all'iperinsulinismo. Riduzione della spesa energetica legata sia alla riduzione del metabolismo basale che alla minore capacità e possibilità di esercizio fisico per ragioni muscolari, osteo-articolari, nervose. A sua volta la carenza di esercizio fisico riduce ulteriormente la massa e l'efficienza muscolare. Perdita di tessuto osseo: riduzione della densità ossea (osteopenia, osteoporosi) per prevalenza dei processi osteoclastici su quelli blastici. Tale riduzione è accelerata da fattori ormonali (deficienza di ormoni gonadici), da un peggiorato assorbimento intestinale di calcio e vitamine, da una minore esposizione alla luce, dal fumo e dall'eccesso d'alcool, dalla ipomobilità. Specie in assenza di muscoli ben funzionanti, l'anziano cade più facilmente ed è più soggetto a fratture. Rallentamento delle funzioni motorie, sensoriali e cognitive.
In parte legato ad alterazioni vascolari, in parte di origine nutrizionale o metabolica. Notevole importanza hanno, nella genesi di questi disturbi, i processi di ossidazione provocati dalle specie reattive dell'Ossigeno (ROS o Radicali liberi) e da alcuni prodotti chiamati AGE (Advanced Glication End-products) che sono proteine "danneggiate" dagli zuccheri, che si legano ai loro gruppi amminici e che compaiono soprattutto nei diabetici, ma anche in anziani non diabetici. Le turbe neurologiche interessano il cammino, l'equilibrio, quelle cognitive la rapidità del pensiero e la memoria. Alterazioni predisponenti alle malattie cardiovascolari. Queste sono legate all'aumento della componente fibrosa nella parete delle arterie con conseguente rigidità arteriosa, a microlesioni endoteliali legate all'eccesso di colesterolo, a danni infiammatori o anche meccanici. La perossidazione delle lipoproteine rende queste ultime maggiormente aterogeniche e più facilmente depositabili sulle pareti arteriose.
Riduzione delle difese immunitarie. Questa condizione, che predispone a infezioni ricorrenti, è legata in parte al ridotto apporto proteico, in parte alla possibile carenza di micronutrienti. Danno della funzione digestiva. È soprattutto legato a diminuzione della secrezione gastrica (per gastropatia atrofica), e pancreatica, e condiziona tra l'altro, non solo l'assorbimento dei macronutrienti, ma anche l'utilizzazione di vitamine (vit. B12, folati, vitamine liposolubili, sostanze antiossidanti, ecc.).
Alterazioni predisponenti alle neoplasie: sono numerose. Basterà citare il danno del DNA nucleare o mitocondriale da radicali liberi e altri agenti tossici.
Da quanto abbiamo riportato, si possono trarre alcune indicazioni per i requisiti di una dieta finalizzata alla prevenzione dell'invecchiamento precoce e delle sue conseguenze. L'apporto proteico deve essere mantenuto ad un buon livello, compatibile con lo stato funzionale di reni e fegato (nell'anziano sano 0,8 g di proteine per Kg di peso è considerato un apporto corretto). Inoltre occorre controllare che la fonte di proteine impiegata contenga gli aminoacidi essenziali; anche un discreto contenuto in aminoacidi ramificati (leucina, isoleucina, valina) è desiderabile in quanto essi sono ottimi e rapidi fornitori di energia. L'apporto glicidico deve dare la preferenza a carboidrati complessi e amidi, con limitazione degli zuccheri semplici che stimolano eccessivamente la produzione di insulina e possono favorire i processi di glicazione prima ricordati. L'apporto lipidico, sempre moderato, per non fare aumentare trigliceridi e colesterolo e quindi il rischio cardiovascolare, deve tuttavia essere presente al fine di fornire energia, rendere possibile l'assorbimento delle vitamine liposolubili e fornire gli acidi grassi essenziali. L'apporto vitaminico deve tener conto dell'aumentato fabbisogno di vitamine proprio dell'età avanzata. In particolare, la carenza, anche solo relativa, delle vitamine B6, B12 e folati può favorire turbe ematologiche, neurologiche, e anche cardiovascolari attraverso l'aumentata formazione di Omocisteina. La ridotta esposizione al sole riduce la sintesi della vitamina D, reperibile in pochi cibi. Il ridotto apporto lipidico e il malassorbimento fa aumentare il fabbisogno di vitamina E, importante agente antiossidante implicato anche nella genesi dei deficit cognitivi e delle demenze. Ugualmente, l'apporto di vitamina A e di caroteni sembra importante per il mantenimento delle difese immunitarie. La dieta deve inoltre contenere abbondanti fonti di vitamina C per il suo effetto antiossidante e, forse, preventivo di malattie cardiovascolari e neoplasie.
L'apporto minerale si caratterizza soprattutto per il maggiore fabbisogno di calcio, specie nelle donne anziane; anche l'apporto di ferro va adeguatamente controllato. Non vi sono dati specifici per il fabbisogno di rame e zinco negli anziani. La prevenzione dell'invecchiamento va iniziata nell'adulto, se non addirittura nel giovane. La dieta dell'adulto che si prepara ad invecchiare deve contenere grandi quantità di frutta e verdura (fonti di fibre, di vitamine e di antiossidanti naturali). L'OMS raccomanda l'uso di almeno 500 g al giorno tra frutta, verdura e ortaggi. I pomodori, specie se cotti, forniscono alte quantità di licopene, un carotenoide naturale ad alta capacità antiossidante. La quota proteica può essere ben distribuita tra carni, latticini e pesce. Tra i latticini, un prodotto alimentare quale il Grana Padano apporta aminoacidi liberi (idrolizzati) e aminoacidi ramificati, rispondendo rapidamente ai bisogni energetici immediati e provvedendo anche alla funzione plastica delle proteine. La quota lipidica del Grana Padano è di medio grado, per cui le quantità del prodotto consigliabili ad un anziano vanno attentamente ponderate. Non si deve però dimenticare che una moderata quota lipidica rimane necessaria per l'apporto di vitamine liposolubili e antiossidanti. La presenza di CLA (composti coniugati dell'acido linoleico) riporta a studi sperimentali in cui questi composti hanno dimostrato azioni antineoplastiche e anti-aterosclerotiche, tuttavia non ancora confermate in studi alimentari umani. Ma ciò che caratterizza fortemente il Grana Padano è la particolare ricchezza in Calcio: anche limitandone la quantità per non eccedere nella quota lipidica, il Grana Padano apporta quote di Calcio comunque significative. Infine, Grana Padano apporta buone quantità di vitamine, specie di B12 e delle liposolubili. Il suo contenuto in fattori probiotici (in particolare il Lactobacillus Helveticus) migliora la flora batterica intestinale e quindi previene le turbe dell'assorbimento intestinale, tanto frequenti nell'età avanzata. Il Grana Padano si configura quindi come alimento assai utile nelle persone che stanno invecchiando; succede infatti spesso che esse non gradiscano né la carne, né il pesce, rischiando così di andare in carenza proteica con conseguente riduzione dell'efficienza muscolare e, in definitiva, della mobilità, dell'autonomia e della qualità della vita.
di Sergio Coccheri