Per migliorare l'alimentazione e ridurre le diseguaglianze occorre dedicare attenzione alle persone con una forma di disabilità, offrendo informazioni nutrizionali e assistenza finanziaria. Lo scrive sul Journal of Human Nutrition and Dietetics un gruppo di ricerca americano, che ha studiato l'alimentazione delle persone con disabilità negli Stati Uniti e gli ostacoli a una dieta più sana, osservando allo stesso tempo lo status nutrizionale della popolazione generale.
Sono stati utilizzati i dati di 11.811 individui del National Health and Nutrition Examination Survey 2007–2008 e 2009–2010. Sono state considerate cinque aree di disabilità: attività della vita quotidiana (ADL), attività strumentali della vita quotidiana (IADL), tempo libero e attività sociali (LSA), mobilità delle estremità inferiori (LEM) e attività fisiche in generale (GPA). Sono stati registrati gli apporti di nutrienti dall'alimentazione e dalla supplementazione nell'arco delle 24 ore.
Le disabilità GPA, IADL, LSA, LEM e ADL erano presenti nel 24.5%, 13.3%, 9.9%, 9.2% e 9.2% degli adulti negli Stati Uniti (non erano mutualmente esclusive).
Solo il 42.3% degli adulti negli Stati Uniti rispettava i livelli raccomandati di apporti da alimentazione di grassi saturi, l'11.3% degli adulti rispetta quelli di fibre, il 63.8% di colesterolo, il 47.7% di vitamina A, il 48.7% di vitamina C, il 9.7% di vitamina D, il 48.7% di calcio, il 90.7% di ferro, il 21.7% di sodio e il 4.7% di potassio.
La supplementazione migliorava i livelli di vitamina C, vitamina D e calcio.
Le persone con disabilità erano ancora più lontane dal rispetto dei livelli nutrizionali raccomandati, per grassi saturi, calcio, potassio e, tranne il gruppo GPA, fibre, vitamina A e vitamina C.
Il gruppo ADL era quello che più difficilmente raggiungeva i livelli raccomandati di nutrienti.
Fonte:
Nutrient intake among US adults with disabilities. An R, Chiu CY, Zhang Z, Burd NA. J Hum Nutr Diet. 2014 Sep 19. doi: 10.1111/jhn.12274. [Epub ahead of print]