Nella società odierna emerge con sempre maggiore consapevolezza un'esigenza di salute che non si identifica solo con l'assenza di malattia, ma con una ricerca di prevenzione e riequilibrio capace di migliorare la qualità della vita ed assicurare un miglior grado di vitalità e di benessere psico-fisico. Questa consapevolezza, che trova le sue basi in dichiarazioni di intenti formulate già negli anni '50 da organismi internazionali quali l'Organizzazione Mondiale della Sanità (1), si scontra però con una realtà differente. Infatti, i dati epidemiologici che riguardano principalmente il mondo occidentale, indicano che il 50% della mortalità da patologie croniche (cioè da quelle che vengono definite patologie non trasmissibili) sia da attribuire a comportamenti non corretti dello stile di vita, comportamenti che riguardano in particolare alcuni aspetti come le abitudini alimentari incongrue e la riduzione o l'assenza di attività fisica. Il cibo, riguardo al suo rapporto con il benessere/malattia, ha una doppia valenza: può essere induttore di patologie (basti pensare all'obesità ed alle condizioni ad essa correlate) ma anche promotore di salute. Infatti, al di là del suo intrinseco valore nutritivo, una dieta ottimale (caratterizzata da componenti essenziali e strategicamente utili) può svolgere importanti azioni di prevenzione non solo primaria, ma anche secondaria, nei confronti di patologie croniche. Evidenze cliniche ed epidemiologiche, sempre più significative, indicano come la sola dieta però possa non essere sufficiente se non si associa all'acquisizione di abitudini di vita "virtuose", ed in particolare a quelle che riguardano l'attività fisica. Ad esempio, importanti fattori di rischio per la patologia coronarica sono rappresentati dalla vita sedentaria e da una dieta ricca in acidi grassi saturi e colesterolo e pertanto lo strumento di prevenzione per questa patologia deve contemplare la simultaneità di una dieta ottimale e di un esercizio fisico regolare (2). Se le evidenze del rapporto abitudini alimentari/stili di vita/sviluppo o prevenzione di patologia sono sempre più forti, lo sono anche quelle che indicano come questo rapporto sia quantizzabile, e quindi diventano misurabili in maniera oggettiva gli effetti dei cambiamenti. Infatti recentemente sono stati pubblicati alcuni rapporti di agenzie internazionali (First Action Plan for Food and Nutrition Policy, WHO European Region, 2000-2005) e studi di osservatori epidemiologici (3) che hanno quantizzato il contributo della nutrizione nel condizionare la dimensione complessiva delle malattie. Il più importante e significativo indicatore che viene utilizzato in questo tipo di studi è rappresentato dagli anni di vita in buona salute che vengono perduti a causa della patologia per la quale il fattore di rischio (ad esempio lo stile di vita) svolge un ruolo patogenetico importante. Nel 2000 sono stati perduti in Europa 136 milioni di anni; i piu' importanti fattori di rischio nutrizionale hanno provocato la perdita di più di 56 milioni di anni ed altri 52 milioni sono stati perduti a causa di ulteriori fattori correlati alla nutrizione. Le principali patologie correlate alla nutrizione sono rappresentate dalle malattie cardiovascolari, dalla patologia neoplastica, dal diabete di tipo 2 e dall'obesità. Quest'ultimo quadro patologico rappresenta, in termini di contributo alla dimensione complessiva di patologia sia in Europa (4) che negli Stati Uniti (3), la terza causa in Europa con percentuali del 3,7%, dopo il fumo (9%) e l'abuso alcolico (8,4%). È significativo osservare come, tra questi fattori di rischio, la scarsa attività fisica sia sempre presente, con percentuali del 1,4%.
La patologia cardiovascolare e quella neoplastica contribuiscono per circa due terzi alla dimensione complessiva di malattia in Europa. Un terzo della patologia cardiovascolare è da imputare ad un'alimentazione inappropriata; percentuali analoghe (un terzo) sono state riportate anche per la patologia neoplastica correlata a stili alimentari impropri. Un rapporto del Word Cancer Research Fund e dell'American Institute for Cancer Research (5) suggerisce come il miglioramento nelle abitudini alimentari, associato ad una regolare attività fisica con il conseguente raggiungimento di un peso ottimale, sia in grado di ridurre l'incidenza di cancro del 30-40% dei casi. Dati provenienti dagli Stati Uniti (6), degli inizi degli anni '80, attribuivano un 35% di tutte le neoplasie ad una dieta non corretta; una L'ALIMENTAZIONE revisione successiva effettuata dagli SCORRETTA È stessi autori agli inizi degli anni '90 (7) ampliava l'ambito di responsabilità della dieta nello sviluppo della patologia neoplastica ad un 20-60%.
Autorevoli ricerche sono state effet-E DEL 20-60% tuate per identificare quei componenti della dieta che hanno la maggiore responsabilità nei confronti di patologie dall'importante impatto sociosanitario, quali quella cardiovascolare e neoplastica. I grassi rappresentano probabilmente i componenti su cui si è maggiormente concentrata l'attenzione dei ricercatori. Agli inizi degli anni '90, i dati statunitensi suggerivano che la riduzione del consumo di grassi dal 35% al 30% dell'energia introdotta era in grado di prevenire del 2% la mortalità per patologia cardiovascolare e neoplastica, specialmente nei soggetti con età superiore ai 65 anni (7). Recentemente, Willett e Coll (8) hanno documentato come, in termini di prevenzione, sia più importante sostituire gli acidi grassi saturi e quelli trans che non ridurre la quota complessiva di lipidi. Ad esempio, la sostituzione del 6% dell'energia introdotta da grassi animali con acidi grassi monoinsaturi è in grado di ridurre l'incidenza di patologia cardiovascolare SOSTITUIRE I GRASSI del 6-8% (8).
Ovviamente altri fattori nutrizionali possono essere associati ad un aumentato rischio di patologia cardiovascolare e neoplastica. Vi è un sostanziale accordo nel ritenere che un eccesso dell'introduzione calorica (squilibrio tra assunzione e consumo) e di alcol abbiano un ruolo importante nello sviluppo di alcuni tumori (bocca, faringe, laringe, esofago, fegato, colon-retto) e che un'a-VERSO LE NEOPLASIE zione protettiva verso queste patolo-DELL'APPARATO gie possa essere svolta dall'assunzione di frutta e verdura (5,10). Un ulteriore dato a supporto di questo resoconto, deriva dall'osservazione del ruolo svolto dal deficit di vitamina A, di altre vitamine con proprietà antiossidanti e di componenti non-nutrizionali presenti nella frutta e nella verdura (5, 11). Un'analisi condotta in Europa sul potenziale
effetto preventivo dell'assunzione di frutta e verdura ha documentato come un numero considerevole di morti per patologia cardiovascolare e neoplasica potrebbero essere evitati se i paesi a minor consumo di questi alimenti si allineassero a quelli a consumo maggiore (12). Infatti, l'obiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) è quello di garantire almeno 400 grammi di frutta e verdura al giorno per persona per tutto l'anno (13). Altri componenti della dieta sono stati studiati per la loro possibile associazione con patologie cardiovascolari e neoplastiche, in particolare il latte (con un' attenzione specifica ai lipidi del latte) ed il pesce. Il consumo di questi alimenti è profondamente diverso da paese a paese e ciò può giustificare, almeno parzialmente, la presenza di significative differenze in termini di prevalenza di alcune patologie. È rilevante sottolineare come l'adozione di strategie, nazionali e sopranazionali, GRASSI VEGETALI E PESCE rivolte ad incrementare l'uso di latte RIDUCONO IL RISCHIO a basso contenuto in grassi, di grassi vegetali e di pesce si sia dimostrata in grado di ridurre la prevalenza di queste patologie (14). E NEOPLASIE Evidenze sempre più forti suggeriscono uno stretto rapporto causale tra obesità e patologia neoplastica (15,16). Questo rapporto acquista un importante significato, non solo clinico ma anche sociale, alla luce del costante aumento, nei paesi occidentali, del soprappeso e dell'obesità stessa. Si ritiene, infatti, che circa il 30% della popolazione europea sia in soprappeso (17); percentuali maggiori (fino al 60%) sono state osservate in popolazioni americane. Le più significative complicanze da soprappeso sono rappresentate, oltre che dai tumori, dal diabete di tipo 2, dalla ipertensione arteriosa, dalla patologia coronarica, dalla patologia vasco-lare cerebrale e dalla patologia osteoarticolare.
Inoltre è noto come l'obesità sia in aumento anche nei bambini e negli adolescenti (18) e come, di conseguenza, siano in aumento anche in questi soggetti le patologie correlate ad un'alimentazione incongrua. Se l'acquisizione di un corretto stile alimentare rappresenta uno strumento irrinunciabile di prevenzione, dati recenti indicano come l'attività fisica svolga un ruolo sinergico, insostituibile, per ogni strategia di prevenzione primaria e secondaria (19). Infatti, il soggetto attivo, rispetto a quello sedentario, ha un rischio inferiore del 50% per infarto miocardico o ictus cerebrale, del 30-50% per frattura di femore, del 30% per ipertensione arteriosa, del 40-50% per tumore colo-rettale, del 20-60% per il diabete. Inoltre si riduce del 25-50% il rischio di sviluppare deficit funzionali e, di conseguenza, aumenta il periodo di vita autosufficiente (19, 20). L'azione preventiva dell'attività fisica è indipendente dall'età; infatti la sedentarietà rappresenta un importante fattore di rischio anche nel soggetto anziano, favorendo lo sviluppo e la perpetuazione di una condizione di ipertensione arteriosa, di alterazioni nel pattern lipidico ed emocoagulativo e di insufficienza cardiaca. Inoltre, nell'anziano l'attività fisica risulta indispensabile per la prevenzione o il rallentamento del processo osteoporotico.
L'attività fisica, non solo può svolgere un ruolo essenziale di prevenzione/rallentamento nei confronti di numerose patologie, ma ha un effetto fondamentale sulla qualità di vita del soggetto. Infatti, sono note le positive ricadute non solo fisiche ma anche psicologiche e sociali offerte da una regolare attività fisica ovviamente modulata, a seconda delle condizioni e dell'età del soggetto. L'instaurarsi ed il perpetuarsi del circolo virtuoso: attività fisica/corretta alimentazione, prevenzione/rallentamento dei processi morbosi/benessere psico-fisico ha inoltre importanti ricadute oggettive, inducendo un risparmio per la collettività in termini di costi sociali e sanitari (21).
Fonti:
1 Editoriale. Quality of life. Lancet 338; 350, 1991
2 Executive Summary of thev Third Report of the National Cholesterol Education Program (NCEP) Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults (Adult Treatment Panel III). JAMA 285: 2486-2497, 2000
3 Murray CJ, Lopez AD. Global mortality, disability, and the contribution of risk factors: Global Burden of Disease Study. Lancet 349: 1436-1442, 1997
4 Determinants of the burden of disease in the European Union. Stockholm, National Institute of Public Health, 1997
5 World Cancer Research Fund & American Institute for Cancer Research. Food, nutrition and the prevention of cancer: a global perspective. Washington, DC, American Institute for Cancer Research, 1997
6 Doll R, Peto R. The causes of cancer. Oxford, Oxford University Press, 1981
7 Doll R. The lesson of life. Keynote address to the nutrition and cancer conference. Cancer Research 52: 2024S-2029S, 1992
8 Willet WC. Will high-carbohydrate/low-fat diets reduce the risk of coronary heart disease? Proc Soc Exp Biol Med 225: 187-190, 2000
9 Forman MR, Hursting SD, Umar A, Barrett JC. Nutrition and cancer prevention: a multidisciplinary perspective on human trials. Annu Rev Nutr 24: 223-254, 2004
10 Stein CJ, Colditz GA. Modifiable risk factors for cancer. Br J Cancer 90: 299-303, 2004
11 Papas AM. Antioxidants status, diet, nutrition and health. Boca Raton, FL, CRC Press, 1998
12 Joffe M, Robertson A. The potential contribution of increased vegetable and fruit consumption to health gain in the European Union. Public Health Nutrition 4:893-901, 2001
13 Diet, nutrition and the prevention of chronic diseases. Report of a joint WHO/FAO expert consultation. Geneva, World Health Organization, 2003 (WHO Technical Series, no.916)
14 Puska P. Nutrition and mortality: the Finnish experience. Acta Cardiol 55: 213-220, 2000
15 Obesity-preventing and managing the global epidemic. Report of a WHO Consultation. Geneva, World Health Organization, 1998 (Technical Report Series, no.894)
16 Must A, Spadano J, Coakley EH, Field AE, Colditz G, Dietz WH. The disease burden associated with overweight and obesity. JAMA 282: 1523-1529, 1999
17 Astrup A. Healthy lifestyles in Europe; prevention of obesity and type II diabetes by diet and physical activity. Public Health Nutrition 4: 499-515, 2001
18 Lobstein T. Childhood obesity: the new crisis in public health. London, International Obesity Task Force, 2003
19 Vuori IM. Health benefits of physical activity with special refeence to interaction with diet. Public Health Nutrition 4: 517-528, 2001
20 Brooks GA, Butte NF, Rand WM, Flatt JP, Caballero B. Chronicle of the Institute of Medicine physical activity recommendation: how a physical activity recommendation came to be among dietary recommendations. Am J Clin Nutr 79; (suppl) 921S-930S, 2004
21 Blair SN, LaMonte MJ, Nichaman MZ. The evolution of physical activity recommendations: how much is enough? Am J Clin Nutr 79 (suppl): 913S-920S, 2004