Offrire un bel piatto di carote come antipasto potrebbe indurre i bambini a
mangiare più verdure. Secondo Maureen Spill e collaboratori della Pennsylvania
State University, portare in tavola porzioni maggiori di verdure, che hanno una
bassa densità energetica, potrebbe produrre effetti positivi sia sulla quantità
di cibo introdotta dai più piccoli, sia sul numero di calorie. Nello studio
pubblicato dall’American Journal of Clinical Nutrition si voleva capire se un
antipasto di verdure più abbondante porti a un aumento del consumo di ortaggi e
diminuisca l’apporto di energia. A questo scopo sono stati coinvolti una
cinquantina di bambini dai 3 ai 5 anni in un asilo nido.
Una volta alla
settimana per quattro settimane è stato preparato un pranzo particolare. In tre
casi è stato portato un antipasto di carote crude, con una grammatura variabile
di 30, 60 o 90 g, mentre in un caso, di controllo, si è passati direttamente
alla portata principale. I bambini potevano mangiare le carote a loro volontà
per circa dieci minuti, poi veniva servito il normale menu composto da pasta,
broccoli, puré di mele e latte, anch’esso consumato a volontà. Il test mostra
che il consumo totale di verdura aumenta in modo correlato all’aumento della
dimensione della porzione di carote.
In particolare, raddoppiare la
dimensione delle porzioni dell’antipasto ha incrementato il consumo di carote
del 47%, cioè di 12 grammi. Triplicare la dimensione delle porzioni di carote,
portandole a 90 grammi, tuttavia, non ha portato a un ulteriore aumento
dell’apporto di verdure. È anche interessante notare che l’apporto calorico del
pasto non è stato significativamente influenzato dalla quantità di carote.
I
ricercatori concludono quindi che “aumentare le porzioni di verdure servite come
antipasto può essere una strategia efficace per incrementare il consumo di
verdure in bambini in età
prescolare”.
Fonte:
Eating vegetables first: the
use of portion size to increase vegetable intake in preschool children. Spill
MK, Birch LL, Roe LS, Rolls BJ. Am J Clin Nutr. 2010 May;91(5):1237-43