Pesce crudo: occhio alla salute

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Il pesce rappresenta un alimento fondamentale per la nostra corretta alimentazione. È ricco di proteine ad alto valore biologico e di grassi polinsaturi (buoni), tra i quali gli omega 3, molto importanti per numerose funzioni del nostro organismo: diminuiscono il rischio cardiovascolare, contribuiscono allo sviluppo del sistema nervoso, alla trasmissione neuronale, a funzioni come la memoria e proteggono le cellule di tutti gli organi compresa la pelle. Per tutte queste ragioni il pesce non dovrebbe mai mancare sulla nostra tavola ma in Italia, nonostante il paese sia circondato dal mare, questo alimento si consuma meno di quanto si dovrebbe, cioè almeno 3 porzioni a settimana. Le cause: gusto, tempo, preparazione, pulizia, costo. Fuori casa il consumo di pesce crudo come sushi o sashimi è diventato per molti un’abitudine grazie anche al proliferare di ristoranti e sushi bar. Il sempre più diffuso consumo è dovuto alla “moda”, alla praticità del consumo stesso, al costo accettabile e forse anche alla percezione che sia più salutare di quello cotto. In realtà, le proprietà nutritive fondamentali del pesce come proteine e grassi polinsaturi non differiscono dal pesce cotto correttamente, per esempio al vapore o al forno. Quanto alle quantità, per un adulto si raccomanda di consumare circa 600 grammi di pesce a settimana, quantità difficilmente raggiungibile con 3 porzioni medie di sushi, dove c’è più riso che pesce.  

Da dove proviene la tradizione del pesce crudo?

Il pesce crudo non è una tradizione esclusiva del Giappone o dell’Oriente in generale, infatti da centinaia di anni si consuma anche in Italia e ancora oggi lo si offre in molte città affacciate sul Mediterraneo. Ecco alcuni esempi di piatti o preparazioni che prevedono il pesce crudo:

  • Sashimi. Pesce crudo (tonno, salmone, seppia, rombo) sfilettato, finemente affettato, ricercando dimensioni uniformi e spesso servito con salsa di soia e wasabi. Il Giappone è spesso consacrato come il regno del pesce crudo ed emblema di questa tradizione è proprio il sashimi.
  • Sushi. Abbinamento tra riso cotto e pesce, compresi i pesci crudi, a cui è possibile aggiungere altri ingredienti (avocado, verdura e uova di pesce). Rappresenta un’altra categoria simbolo dei piatti giapponesi, tuttavia la sua tradizione è originaria del sud-est asiatico: era un modo di conservare meglio i prodotti del mare.
  • Carpaccio. Carni crude finemente affettate (spessore massimo 0.4 mm) o pestate. Il termine, sebbene nasca in riferimento alla carne, può anche indicare piatti simili costituiti da pesce crudo.  Il carpaccio è un piatto tipico della tradizione italiana e solitamente servito con un condimento di olio extra vergine d’oliva e limone, pepe, scaglie di Grana Padano DOP a piacimento.
  • Marinatura. Pesci, soprattutto alici e sardine, sono parte della tradizione italiana e presenti quasi ovunque sia con preparazioni industriali che artigianali. Il pesce sfilettato viene immerso in olio, sale, pepe ed erbe aromatiche e lasciato marinare per una notte o più.
  • Tartare. Carne o pesce crudo tritato finemente al coltello, a cui si può aggiungere il condimento (cipolla, capperi, succo di limone, aceto balsamico) o delle salse. È una preparazione inventata recentemente e mutuata dalla stessa preparazione fatta con la carne.
  • Scottato. Pesce in tranci come tonno o pesce spada cotto alla piastra ma lasciato al sangue, cioè dentro è crudo come spesso si fa anche con le bistecche.
  • Ceviche. Piatto a base di pesce marinato (limone, cipolla, peperoncino) originario dell’America Latina. La sua origine è antichissima, risale alla civiltà pre-incaica, ma ha subito anche l’influenza spagnola. I pesci impiegati possono andare dal persico al merluzzo ai quali si possono aggiungere i crostacei e varie verdure.
  • Poke. Insalata hawaiana tradizionalmente fatta con pezzi di pesce crudo (tagliati a cubetti) che sono conditi e marinati in vario modo e mescolati con verdure. Il poke si può preparare con il tonno hawaiano, il salmone, ma persino i molluschi. Per condire e marinare il pesce si usano in particolare la salsa di soia, l’olio di sesamo, la cipolla e il sale. Tra gli ingredienti che si possono aggiungere vi sono l’avocado, i semi di sesamo, il peperoncino, il peperone e le uova di pesce.
  • Gravlax. Piatto nordico costituito da salmone grezzo curato in zucchero, sale e aneto. Viene tradizionalmente mangiato con salsa di senape.
  • Stroganina. Pesce ghiacciato, tagliato in lunghe strisce sottili e semplicemente servito con olio d’oliva o di colza ed erbe aromatiche come origano e timo. Tipico della Siberia, così come i pesci usati per prepararlo: coregone artico, salmone o halibut.
  • Baccalà crudo. Nella cucina catalana è la carta vincente. Lo troviamo nell’insalata di pesce crudo nota come xatò, la cui salsa di condimento è ottenuta frullando insieme pomodori, frutta secca come mandorle e nocciole, aglio, olio, pane, sale, aceto e peperoncino. Può essere poi mescolato con tonno sott’olio, acciughe, scarola e olive. E lo ritroviamo anche nella esqueixada dove il baccalà è semplicemente dissalato e tagliato a striscioline prima di essere mescolato in una ciotola con cipolla, pomodori e olive nere e infine condito con olio, pepe e sale se gradito.

Benefici e attenzioni del consumo di pesce crudo

Per pesce crudo si deve intendere tutto quello che non è stato cotto a temperature di 60 °C o oltre. Quindi anche quello scottato o marinato si deve intendere crudo. Come detto, i vantaggi derivati dal consumo di pesce crudo non aumentano più di tanto il loro valore tradizionale:

  • I pesci crudi non contengono sostanze contaminanti che si formano invece quando il pesce viene fritto, grigliato o cotto in contenitori non perfettamente puliti.
  • La cottura, e in particolare la frittura, possono ridurre la quantità di acidi grassi polinsaturi come omega-3, ma se la quantità settimanale di consumo è rispettata non vi sono riduzioni di assunzione significative.

Rischi del consumo di pesce crudo

Le contaminazioni chimiche, in particolare di metalli pesanti che si trovano soprattutto nei pesci di grossa taglia, non hanno risparmiato i nostri mari: i pesci che vivono e si nutrono in essi possono contenere sostanze chimiche che si accumulano nei loro tessuti e di lì passano nel corpo umano. I più diffusi metalli pesanti presenti nel pesce sono il mercurio, il piombo e il cadmio, che possono poi sommarsi agli inquinanti organici persistenti, ossia prodotti chimici industriali tossici come i polifenoli bifenili e gli esteri polibromificati difenilici, che arrivano in mare dagli scarichi antropici oppure dai residui di combustioni dei motori marini, oltre ai diserbanti e pesticidi che vengono addotti in mare dai fiumi. Tutti questi composti possono dar luogo a gravi intossicazioni. La cottura può essere efficace a ridurre l'esposizione a molti contaminanti, ma non tutti. In ogni caso non dobbiamo spaventarci perché la vigilanza sanitaria italiana, tra le migliori al mondo, controlla che il pesce in commercio non possa danneggiare l’organismo umano.
I pesci crudi possono contenere tossine oppure diversi virus, batteri e parassiti.

Contaminazione da tossine


Alcuni pesci producono naturalmente delle tossine che si possono abbattere con la cottura. È il caso di anguille, murene e granchi, fino al pesce palla o Foghu, la cui tossina è mortale: in questi casi la cottura non basta ed è necessaria una particolare eviscerazione. Vi sono poi tossine prodotte da batteri che infestano il pesce, ad esempio la tossina botulinica che però può essere abbattuta con il calore poiché termolabile.

Contaminazione da batteri, virus e parassiti

Vibrioni. Se si consuma pesce e mitili crudi contaminati da vibrioni l’infezione provoca una sintomatologia di tipo gastroenterico più o meno grave. Tra le sue specie più famose troviamo il Vibrio cholerae (responsabile del colera). La cottura oltre i 60°C lo elimina, una temperatura che deve raggiungere anche l’interno del pesce.
Listeria. Se si consuma pesce crudo contaminato da listeria può causare meningiti, infezioni polmonari e setticemia. Sono particolarmente a rischio i soggetti con sistema immunitario compromesso, gli anziani, i bambini e le donne in gravidanza. La cottura a temperatura elevata almeno a 75°C ne provoca l’inattivazione.
Eschirichia coli. Provocano sindromi gastroenteriche con febbre. L’abbattimento si ottiene solo con la temperatura elevata. La contaminazione avviene a causa degli scarichi fognari i cui liquidi non vengono depurati prima di entrare in mare.
Salmonelle. Provocano per ingestione di pesce e conchiglie crude sindromi gastroenteriche associate a febbre. Sopravvivono in mare per poco tempo ed il refrigeramento ne limita la replicazione ed il moltiplicarsi, la cottura le abbatte.
Virus epatite A. Infetta cefalopodi (seppioline, polipetti, calamari) e molluschi (cozze, ostriche, etc.). Giunge al mare attraverso gli scarichi fognari con le escrezioni fecali. Ne sono infestati in maniera particolare i molluschi che per nutrirsi filtrano grandi quantità di acqua. Attacca il fegato e provoca una sintomatologia di tipo influenzale.
Norovirus. Sono responsabili della tipica sintomatologia gastrointestinale.
Anisakis. È il parassita che più comunemente infesta il pesce (tonno, pesce spada, sgombro, nasello, aringhe, acciughe, ecc.), se l’uomo consuma la carne cruda del pesce può essere infestato anch’esso. L’infezione da Anisakis, l’anisakidosi, è un’infezione gastrointestinale i cui sintomi comprendono nausea, vomito e dolori all’addome. La cottura del pesce, con temperature superiori ai 65°C, abbatte il parassita. Se si vuole consumare il pesce crudo in sicurezza occorre che sia prima abbattuto, cioè sottoposto ad una temperatura di oltre -20°C per almeno 24 ore. L’anisakidosi può risolversi naturalmente in alcuni giorni e i sintomi si possono attenuare con farmaci idonei. Il parassita può essere eliminato con la rimozione chirurgica o endoscopica, specialmente nei casi in cui provochi un’ostruzione nell’intestino tenue. In alcuni pazienti il parassita può essere debellato anche con l’assunzione di un farmaco antiparassitario.
Opistorchis. È un parassita che, contrariamente all’Anasakis, infesta i pesci di acqua dolce. È un verme piatto che infetta il fegato dell’uomo, nonché il suo ospite naturale. Nel fegato dell’uomo il parassita può vivere anche decine di anni provocando gravi infiammazioni del tessuto epatico e, in alcuni casi, anche la morte. La cottura abbatte questo parassita, come anche il congelamento a -20°C per almeno 24 ore.

Pesce crudo e cotto: sindrome sgombroide

Viene definito "mal di sushi" ma, in realtà, spesso si ha a che fare con la sindrome sgombroide, fortunatamente in Italia ancora poco diffusa, si tratta di una patologia di origine alimentare causata dal consumo di prodotti ittici contaminati da batteri in assenza di alterazioni organolettiche, che non interessa solo il sushi. Infatti, non sono immuni da questa sindrome neanche i pesci cotti. L’effetto tossico in questa sindrome è dato dall’istamina che non viene ridotta con la cottura, l’affumicamento, la marinatura o la surgelazione: questo va a rendere i prodotti contaminati particolarmente pericolosi per l’uomo, anche in quanto non si verificano modificazioni di natura organolettica del prodotto. Nausea, mal di testa, diarrea, rossore della pelle su viso e collo, palpitazioni, tremori e nei casi più gravi anche edema della glottide con rischio di soffocamento. Ne può soffrire chi mangia tonno o altro pesce azzurro mal conservato, non solo sgombro come può erroneamente far pensare il nome. I batteri responsabili di per sé non sono patogeni, ma sono in grado di trasformare un amminoacido quale l’istidina (presente in abbondanza in alcune specie di pesci) in istamina che, se assunta in grandi quantità, è la responsabile della patologia. La dose per la manifestazione clinica della sindrome sgombroide è influenzata da numerosi fattori come sensibilità individuale, peso corporeo, composizione del pasto (alcool, verdure e formaggi), farmaci, età e altre patologie/allergie. L'inizio della sintomatologia è rapido, circa 20-30 minuti dall'assunzione dell'alimento. Una buona igiene durante le operazioni di lavorazione e una precoce refrigerazione dopo la pesca sono fondamentali per il controllo dello sviluppo dei microrganismi produttori dell'enzima in grado di trasformare l’istidina in istamina. Bisogna poi considerare che la contaminazione batterica può avvenire anche dopo la pesca, in tutte le fasi della produzione dell'alimento comprese quelle di distribuzione e somministrazione.
L’unica arma che abbiamo per difenderci da questa patologia è acquistare pesce freschissimo da fornitori di fiducia, intero e non manipolato (lavorazioni varie) e cuocerlo osservando tutte le regole igieniche.

Consigli pratici per ridurre il rischio di ammalarsi

  • Assicurati di acquistare i pesci da fornitori di fiducia che hanno lavorato e conservato correttamente il pesce. Dai pescivendoli che osservano le norme igieniche solitamente non c’è puzza di pesce, ma solo un leggero odore. Il pesce fresco non puzza.
  • Impara a distinguere il pesce fresco da quello decongelato, un buon metodo è controllare se le branchie sono sanguinanti e l’occhio è vivido con la pupilla rotonda e non schiacciata.
  • Controlla le etichette e le date di scadenza di quello surgelato, non acquistare surgelati che presentano liquidi all’interno delle confezioni.
  • Il pesce surgelato, una volta scartato, va consumato e non conservato nel congelatore.
  • Non mangiare pesce fresco crudo se non dopo esserti assicurato che sia stato abbattuto. Al ristorante o sushi bar chiedi sempre se hanno abbattuto il pesce prima di lavorarlo.
  • Non lasciare fuori dal frigorifero il pesce fresco poiché i batteri si moltiplicano velocemente e, se non congelato immediatamente, tenerlo in ghiaccio nel frigorifero e mangiarlo ovviamente cotto entro un paio di giorni dall'acquisto.
  • Lavare le mani e il tavolo di lavoro dopo aver manipolato i pesci crudi per evitare di contaminare il cibo che si prepara dopo, i batteri possono contaminare anche altri cibi.
  • Le persone con sistemi immunitari deboli (anziani, bambini piccoli, pazienti affetti da HIV…) sono più suscettibili alle infezioni. Questi gruppi ad alto rischio dovrebbero evitare il pesce crudo. Inoltre, spesso alle donne in gravidanza viene sconsigliato il consumo di pesce crudo a causa del rischio di un'infezione da Listeria, che può causare morte fetale.
avvertenze

Tutte le raccomandazioni e i consigli presenti in questo articolo hanno esclusivamente scopo educativo ed informativo e si riferiscono al tema trattato in generale, pertanto, non possono essere considerati come consigli o prescrizioni adatte al singolo individuo, il cui quadro clinico e condizioni di salute possono richiedere un differente regime alimentare. Le informazioni, raccomandazioni e i consigli sopracitati non vogliono essere una prescrizione medica o dietetica, pertanto il lettore non deve, in alcun modo, considerarli come sostitutivi delle prescrizioni o dei consigli dispensati dal proprio medico curante.