I vantaggi dell’attività fisica nella prevenzione secondaria delle patologie senili degenerative
L'attività fisica è un efficace strumento di prevenzione delle malattie senili degenerative (come demenze e Parkinson), ma è anche una parte essenziale del piano di gestione e trattamento di queste patologie, perché può contribuire a rallentarne il decorso, a contenere i sintomi, a preservare le capacità cognitive, a stimolare le funzioni motorie compromesse dalla malattia e a promuovere l'autonomia e la qualità della vita del malato.
Gli effetti dell'esercizio fisico sul cervello
A livello cerebrale, l'attività sportiva induce una serie di adattamenti, cioè di modificazioni, che hanno effetti funzionali, morfologici e neuro-protettivi sul cervello e si ripercuotono in positivo sulle funzioni cognitive. In particolare, l’esercizio determina un aumento del metabolismo, dell’afflusso di sangue e dell’attività funzionale non solo nelle aree del cervello direttamente interessate dal comando motorio, ma anche in quelle connesse con la memoria, l’apprendimento e la sfera emotiva. Di conseguenza, si può ipotizzare che l’attività fisica possa stimolare il funzionamento di aree cerebrali coinvolte nel movimento con effetti benefici anche su funzioni diverse, come quelle cognitive, che sono influenzate dalle stesse aree. Questo avviene anche attraverso la produzione di sostanze che stimolano i tessuti cerebrali e agiscono positivamente sull’umore, in particolare:
- aiuta a mantenere un adeguato trofismo (cioè un buono stato di nutrizione) del cervello e fa aumentare la materia grigia, quella parte del sistema nervoso centrale che contiene i corpi cellulari dei neuroni (le cellule nervose): alcune ricerche hanno osservato che un programma di esercizio fisico di carattere aerobico, consistente in almeno tre sedute settimanali della durata di un’ora per un periodo di sei mesi, determina un incremento della materia grigia perché fa crescere sia il numero di ramificazioni di collegamento e delle sinapsi (connessioni funzionali) tra i neuroni sia le cellule gliali (quelle che, all’interno della materia grigia, sostengono, nutrono e proteggono i neuroni);
- gioca un importante ruolo di neurogenesi sulle cellule nervose, cioè promuove la produzione di nuovi neuroni, e rafforza le connessioni neurali, migliorando la comunicazione tra le diverse aree del cervello e le funzioni cognitive, soprattutto grazie al rilascio di fattori neurotrofici come il BDNF (Brain-Derived Neurotrophic Factor), essenziale per la sopravvivenza, la crescita e la plasticità (capacità di modificarsi e adattarsi) delle cellule nervose;
- previene il sovrappeso e l'obesità, condizioni che sono all'origine di problemi cardiocircolatori comunemente associati ai disturbi cognitivi, soprattutto nella terza età, quindi, protegge indirettamente dal decadimento cognitivo;
- ha effetti anti-ansia (podcast) e anti-depressione (podcast) perché è in grado di stimolare il rilascio di dopamina, serotonina, endorfine ed irisina, sostanze fondamentali nella regolazione dell'umore, dei processi cognitivi e delle risposte comportamentali e nella riduzione dello stress; può inoltre migliorare le funzioni cognitive, il cui declino predispone a sintomi depressivi, soprattutto negli over 65, e attenuare l'atrofia (cioè la riduzione di volume) dell'ippocampo, struttura cerebrale che è la sede principale delle emozioni e della loro interazione con l’apprendimento e la memoria.
I benefici dell'attività fisica per le persone con demenze e Parkinson:
queste modificazioni si traducono in una serie di vantaggi che rendono l'attività fisica utile non solo in un'ottica di prevenzione primaria, cioè per ridurre il rischio di insorgenza di patologie neurodegenerative, ma anche come supporto alla prevenzione secondaria, per contrastare l'aggravamento e alleviare i sintomi quando queste malattie si sono già manifestate, in particolare:
- apporta benefici cognitivi, stimolando la memoria (compresa quella procedurale, che entra in gioco quando si imparano sequenze di movimenti), l'apprendimento e la capacità di risolvere problemi;
- contribuisce a ridurre i sintomi comportamentali comuni nelle demenze, come irrequietezza, agitazione, depressione, disturbi del sonno;
- migliora la funzionalità motoria;
- aiuta il malato a mantenere il più possibile l'autonomia e l'indipendenza.
Lo sport per la stimolazione delle capacità motorie e la riabilitazione nel Parkinson e Alzheimer
Sia nelle demenze, di cui l'Alzheimer rappresenta la forma più comune, sia nel Parkinson, l'attività fisica viene utilizzata come strumento per la riabilitazione e la stimolazione delle capacità motorie, con l'obiettivo di salvaguardare e migliorare la mobilità, la coordinazione, l'equilibrio e la forza muscolare, ridurre il rischio di cadute e rendere le attività quotidiane più semplici, controbilanciando gli effetti nocivi di queste patologie neurodegenerative sull'apparato muscolo-scheletrico.
Nel Parkinson, la riabilitazione motoria, effettuata sotto la guida di un fisioterapista, è utile per contrastare i disturbi motori comuni in questa malattia, in particolare la rigidità muscolare, l'instabilità posturale e la bradicinesia, cioè il rallentamento nell'esecuzione dei movimenti che è all'origine della tipica andatura parkinsoniana, una camminata lenta, a piccoli passi, caratterizzata dalla tendenza ad assumere una postura curva e in molti casi dalla difficoltà a iniziare o continuare il movimento (freezing della marcia).
Grazie al percorso riabilitativo è possibile:
- stimolare il rilassamento muscolare;
- favorire il rinforzo della muscolatura;
- prevenire e correggere le posture scorrette e l'instabilità posturale;
- migliorare la coordinazione e l'equilibrio.
Nell'Alzheimer, la sedentarietà indotta dalla progressiva perdita della capacità di movimento produce una serie di effetti negativi come l'atrofia muscolare, l'accorciamento dei muscoli flessori dovuti al prolungato mantenimento della posizione seduta, la riduzione della massa ossea (video) e l'elevato rischio di caduta, la minore efficienza del sistema cardiorespiratorio. Queste conseguenze della malattia possono essere contrastate o rallentate con programmi di attività motoria regolari e di lunga durata, finalizzati a migliorare:
- il trofismo muscolare, cioè lo stato di nutrizione e sviluppo della massa muscolare, con effetti benefici su tono e forza;
- la flessibilità articolare;
- la funzione cardiorespiratoria;
- l'equilibrio;
- la deambulazione.
Quale e quanta attività fisica
L'attività aerobica è particolarmente efficace per promuovere la formazione di nuove cellule gliali e rinforzare le connessioni neurali. In questo senso sono utili attività come:
- la camminata,
- la corsa,
- il nuoto,
- il ciclismo,
- il ballo,
che oltre a richiedere un impegno fisico contribuiscono a stimolare le funzioni cognitive, come l'attenzione, la memoria e la capacità esecutiva, necessarie per l'esecuzione dei movimenti in modo corretto e coordinato. La tipologia di esercizio, l'intensità e la durata del lavoro devono essere calibrate sulla base delle condizioni del paziente, soprattutto in caso di scarsa mobilità.
È stato valutato che circa mezz’ora al giorno di esercizio aerobico (per esempio camminare per 10-14 km la settimana) rappresenta la soglia per stimolare in modo adeguato il trofismo cerebrale e dimezzare il rischio di sviluppare demenze senili.
In presenza di patologie neurodegenerative che compromettono la mobilità, è indicato anche un programma di esercizi di rinforzo muscolare, sia a corpo libero che con elastici o pesi, di flessibilità, come lo stretching, di equilibrio e coordinazione che coinvolgono tutti i distretti muscolari. Ne sono esempi:
- sollevare le gambe e le braccia da seduti,
- eseguire affondi con il supporto di una sedia,
- ruotare, collo, tronco, braccia, spalle, piedi e caviglie.
Esercizi di riabilitazione motoria specifici per i malati di Parkinson possono includere gli esercizi di allungamento muscolare per mantenere la mobilità e la flessibilità articolare in tutti i distretti corporei, come:
- allungare le braccia e le gambe in avanti,
- allargare le braccia in fuori,
- eseguire rotazioni delle braccia,
- ruotare il collo,
- flettere ed estendere il tronco;
ed anche esercizi di deambulazione per correggere i disturbi dell'andatura, per esempio:
- la marcia con stop e diversi tipi di cammino (laterale, all'indietro, con cambi di direzione).
L'attività fisica nelle patologie degenerative: consigli e precauzioni da adottare
L'attività fisica più idonea e i benefici che si possono ottenere dipendono dalla gravità e dal livello di progressione della malattia e di declino cognitivo, quindi il programma deve essere impostato da specialisti (medico dello sport o fisioterapista, in stretta sinergia con l'équipe multisciplinare che segue il malato) sulla base del suo quadro clinico e delle sue condizioni di salute e fisiche, per valutare l'approccio più indicato e le eventuali controindicazioni alla pratica sportiva.
È importante che il programma sia personalizzato tenendo conto delle capacità del paziente ma anche delle sue attitudini e passioni: in questo senso, è utile farlo sentire parte attiva, compatibilmente con la malattia, e individuare con la sua collaborazione attività piacevoli e stimolanti che sarà più motivato a portare avanti con regolarità.
Un altro aspetto fondamentale è il coinvolgimento dei caregiver (coloro che si prendono cura delle persone con patologie gravi), che potranno supportare il paziente, incoraggiarlo e assicurarsi che svolga attività fisica senza rischi per la sua salute e la sua sicurezza. Per la tutela del malato, è anche essenziale scegliere ambienti sicuri per la pratica sportiva, evitando superfici scivolose, spazi poco luminosi o ostacoli che potrebbero provocare cadute.
Come per tutta l'attività sportiva, è consigliabile procedere con gradualità, iniziando con un impegno moderato e aumentando progressivamente la durata e l'intensità del lavoro per scongiurare il rischio di infortuni e lesioni.